L'ambiente, detto Ricetto o Vestibolo, costituisce l'ingresso all'antica Sala di lettura della Biblioteca Medicea Laurenziana che trae origine dalla ricca collezione privata di manoscritti che Cosimo il Vecchio (1389-1464) aveva iniziato a raccogliere nel palazzo di famiglia, col contributo dei più insigni umanisti del tempo. La raccolta raggiunse il massimo splendore con Lorenzo il Magnifico (1449-1492) e la sua idea di costruire una biblioteca pubblica si concretizzò con il nipote Giulio (1478-1534), divenuto papa col nome di Clemente VII (1523). Il progetto fu affidato a Michelangelo Buonarroti (1475-1564). I lavori iniziarono nel 1524 e furono portati avanti fino al 1534, anno della partenza di Michelangelo da Firenze e della morte dell'illustre committente. Ripresa e terminata sotto il ducato di Cosimo I (1519-1574), la Biblioteca venne aperta al pubblico nel 1571. Il Vestibolo si caratterizza per la verticalità delle pareti, spartite in tre ordini con doppie colonne incassate nel muro, mensole a voluta, finestre edicola timpanate e incorniciate da lesene insolitamente rastremate verso il basso. La scalinata, originariamente pensata da Michelangelo in legno di noce, fu eseguita in pietra serena nel 1559 da Bartolomeo Ammannati su un modello dello stesso Buonarroti. Di grande originalità, presenta una struttura a pontile ed una forma tripartita, con rampa centrale a gradini ellittici. L'ambiente era concepito come un preludio oscuro alla luce della Sala di lettura, ma rimase incompleto fino agli inizi del '900, quando furono terminati i lavori della facciata esterna, con l'apertura di false finestre. Sul soffitto fu sistemato un telo dipinto, opera del bolognese Giacomo Lolli (1857-1931), ad imitazione di quello ligneo della Biblioteca.
La Sala di lettura, sviluppata orizzontalmente a differenza del Vestibolo, è spartita da due file di banchi, chiamati plutei, che avevano la duplice funzione di leggio e di custodia. Questi furono realizzati, a detta di Vasari, dagli intagliatori Giovan Battista del Cinque e Ciapino seguendo i disegni di Michelangelo. Degno di nota è il patrimonio librario che un tempo vi era conservato, unico per pregio filologico e artistico. I manoscritti e gli antichi libri a stampa, sistemati in posizione orizzontale all'interno dei banchi, erano suddivisi a seconda della materia (patristica, astronomia, retorica, filosofia, storia, grammatica, poesia, geografia) e le tabelle lignee poste sul fianco di ogni pluteo riportavano l'elenco dei libri ivi contenuti. Tale disposizione fu conservata fino ai primi anni del '900, quando i manoscritti furono trasferiti negli attuali depositi; i libri stampa, invece, furono consegnati alla Biblioteca Magliabechiana (ora Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) nel 1783. Il soffitto in legno di tiglio (1549-1550), fu intagliato da Giovan Battista del Tasso e Antonio di Marco di Giano detto il Carota, sempre sulla base di precedenti disegni michelangioleschi. Il pavimento, in terracotta rossa e bianca, fu realizzato a partire dal 1548 da Santi Buglioni su disegno del Tribolo. La parte centrale intarsiata riflette i motivi ornamentali e le immagini simboliche, presenti anche nel soffitto, allusive alla dinastia medicea.
Realizzate per ultime, le splendide vetrate ripropongono il repertorio decorativo dell'araldica medicea legato alle figure di Clemente VII (1478-1534) e Cosimo I (1519-1574). La raffinata decorazione che unisce motivi a grottesca, armi ed emblemi si deve, probabilmente, a maestranze fiamminghe su disegno di Giorgio Vasari.
Restauro delle vetrate 10 e 11 »» leggi formato – pdf
Questa rotonda venne edificata nei primi decenni dell'Ottocento per ospitare la collezione donata alla Laurenziana nel 1818 dal patrizio fiorentino Angelo Maria D'Elci (Firenze 1754- Vienna 1824). Letterato e bibliofilo, il conte cominciò a raccogliere prime edizioni a stampa di autori classici fino a mettere insieme una ricca collezione che comprendeva un gran numero di incunaboli (libri a stampa della seconda metà del secolo XV) ed edizioni aldine. I volumi datano dal XV al XIX secolo e sono caratterizzati da vivaci rilegature in pelle rossa per le edizioni del Quattrocento e in verde per quelle dei secoli successivi. D'Elci, infatti, tra gli ultimi anni del Settecento e il primo ventennio dell'Ottocento, provvide a far rilegare tutti i libri della sua collezione secondo i dettami della moda anglo-francese del tempo.Il progetto della sala, detta anche Tribuna D'Elci, fu affidato all'architetto Pasquale Poccianti (1774-1858 ). L'aggiunta del nuovo ambiente di forma circolare, comportò alcune modifiche alla parete destra della Biblioteca: due finestre furono murate, due furono accecate e una venne sostituita dalla porta di ingresso. La Sala, sormontata da una sontuosa cupola a lacunari, ripropone in stile neoclassico i motivi dominanti nell'architettura e nella decorazione della Biblioteca: le colonne, la bicromia delle pareti e il cotto del pavimento. La Tribuna, inaugurata nel 1841, fu utilizzata come sala di lettura sino agli anni Settanta del Novecento. La collezione delciana attualmente è posta in depositi più idonei alla sua conservazione e la sala viene utilizzata per incontri, lezioni, inaugurazioni.
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